martedì 30 marzo 2010

Del maiale non si butta niente


A dicembre si macella il maiale.
Qualcuno ha ancora la possibilità di farlo in privato ed escono salumi straordinari.
Ognuno ha il "massalino" di fiducia.
E' il norcino che per tradizione familiare ha trovato la migliore ricetta di spezie, di sale, di vino da aggiungere alla più gradita macinatura di carne per insaccare i salami di casa.
E' quello che si è conquistato la fiducia del capo famiglia e di tutto il vicinato su una coppa o una pancetta.
Diventa ambito, si sparge la voce e tutti lo vogliono. Proprio come si diceva del barbiere di Siviglia.
L'allevamento dei maiali "di casa" è cosa seria, con tanto di menu per rifinire le carni e preparare i budelli.
Essere invitati alla macellazione diventa motivo di vanto e di invidie tra gli avventori dell'osteria del paese.
Si gustano le migliori prelibatezze, la donna di casa prepara manicaretti sublimi in onore del massalino che l'anno successivo sarà ancora più invogliato a tornare in quella cascina, ma soprattutto ne parlerà il giorno di mercato con quanta più gente possibile.
Eccoci allora invitati da Bruno ex guardiacaccia e fratello della Giuseppina, alla macellazione del secondo maiale di casa.
Occasione rara per far vedere ai bambini quale sacrificio comporta una dolce pancetta e una profumatissima coppa.
Risparmiamo il momento più cruento e drammatico, ma da quello in poi tutto dev'essere ricordato come una festa.
In una mattinata si preparano i ciccioli nel paiolo sul focone, si tagliano le pancette e la coppa, che andranno legate la mattina seguente, il lardo e la testa.
Nel paiolo, se si è molto fortunati, si può far friggere un'anatra...così come contentino di metà mattina.
La carne per i salami si macina il giorno dopo.
Vanno lavati i budelli che serviranno a insaccare i salami, la coppa, i cotechini e i salami da cotta.
Due piedini vanno per i bolliti misti e gli altri due per lo zampone.
Niente prosciutti, tutta la carne nei salami.
E' ora di pranzo, mezzogiorno spaccato.
La Giuseppina ha già portato in cucina tutte le frattaglie e il sangue.
Il menù prevede sanguinacci con le cipolle, un paio di salamini freschi del maiale precedente, una sorprendente frittura di maiale con la polenta, un piatto di anolini in brodo a chiudere.
La frittura di maiale è un piatto straordinario.
E' consigliabile solo dopo aver bruciato una certa quantità di calorie e nei mesi più freddi.
Si fanno passare molte cipolle, appassite lentamente fino a diventare trasparenti, si sfuma con poco vino bianco, si aggiunge la retina di maiale, i polmoni, il cuore , il fegato e il filetto insieme ad un cucchiaio di concentrato di pomodoro. Sale, pepe.
Si lascia cuocere a fuoco lento una mezz'ora o poco più. Mettete a tavola una buona polenta e un gutturnio spumoso profumato, acidulo che tagli i grassi del maiale.
Sarete in pace col mondo se troverete un divano davanti al camino.
Della testa di maiale ne parleremo la prossima volta. A casa di Glielmo.
Nella foto di Davide Dutto, la Giuseppina.

giovedì 25 marzo 2010

Glielmo


Glielmo è un gigante. Uomo di montagna.
Camicia di flanella, bretelle, fisico da boscaiolo e una risata trascinante.
Ha un'età vaga tra i sessanta e i settanta, più verso i settanta. Vive da solo in una casa in sasso riscaldata da stufe a legna.
Vive sullo spartiacque di due valli appena sotto al passo.
E' il miglior cuoco di selvaggina che abbia mai provato.
Finita la stagione della caccia ci si organizza con le scorte.
Chi porta le lepri, chi il cinghiale e chi il capriolo. Niente penna.
La polenta è di mais coltivato qui sotto e macinato al mulino del paese.
Le cene in compagnia iniziano intorno alla fine di Gennaio, è inverno pieno, e su al passo la neve non scherza, il vento taglia la faccia.
Per arrivare ci vogliono venti minuti, tutti con la jeep altrimenti non arrivi, o se arrivi non torni.
In mezzo alla bufera scendi una stradina che porta verso la casa, nel buio si intravede una finestrella illuminata. Siamo arrivati.
In una stanza bassa c'è un tavolone che va bene per una quindicina di persone, la stufa a legna e un armadio a vetri che ospita una gran varietà di grappe, cognac e frutta sotto spirito.
Il profumo è inebriante, la cottura va avanti dalla mattina rigorosamente sulla stufa, la polenta cuoce da oltre due ore nel paiolo di rame.
Chiedere una ricetta è impossibile. Sono cinquant'anni che si ripetono le stesse azioni.
Una cosa è fondamentale, niente carote. Rendono tutto dolciastro.
Quindi, aglio, alloro e pancetta o lardo per il soffritto, abbondante che la carne è asciutta.
Poi la carne, il vino rosso e un po' di concentrato ammorbidito nel brodo di carne.
Sale pepe e "lasa cla vaga..."ci dice Glielmo scoppiando a ridere.
Mi raccomando, sulla cucina a legna, lentamente per ore...
Niente antipasti, niente primi. Una volta la lepre, una volta il cinghiale e l'altra il capriolo.
Mezza forma di gorgonzola maturo e cremoso va bene.
Qualcuno porta il formaggio con i saltarelli, come nelle vecchie osterie del secolo scorso.
Il vino è rosso, forte, corposo , appena mosso da bere nella scodella.
Le storie sono sempre quelle, di cani, di caccia, di un passato che per molti risale a quando dovevo ancora nascere.
Sono serate che scaldano, sono atmosfere che si stanno perdendo a favore di un progresso sterile e triste fatto di veline, diete, e natura finta.

venerdì 19 marzo 2010

Un giovedì qualsiasi di novembre

La telefonata arriva improvvisa verso le sei, "Dove sei? Puoi farmi un favore? Ho un problema, vieni dal carroziere alle 7 che poi ti spiego, grazie"
E' un amico, andiamo a caccia insieme e ha qualche anno più di me...non potevo dire di no.
Arrivo all'appuntamento e non trovo nessuno, passano pochi minuti e vedo arrivare dal fiume l'inconfondibile jeep.
C'è Ste, il carroziere e un amico. Arrivano sorridenti come bambini, insieme fanno quasi 200 anni.
Sono andati a pescare come facevano da bambini, con la rete. C'era un "bucone" giù al fiume pieno di pescetti di ogni tipo, la corrente aveva cambiato il corso d'acqua. Sono andati con una rete e li hanno portati a casa. Si, è vietato, ma certe abitudini a quell'età non le abbandoni, lo facevano 50 anni fa per fame, lo fanno oggi per ritrovare quei sapori dimenticati che nessuno si sogna più di provare.
Il pesce ha 24 gusti, mi dice Ste, uno per ogni ora che passa. Facciamo presto.
Nell'officina vengono allestiti due tavoloni con panche e sedie, si srotola una tovaglia di carta, si apparecchia con i piatti di carta, ma i bicchieri di vetro. Il vino va rispettato.
In mezz'ora arrivano gli ospiti, chi porta il pane, chi i pomodori dell'orto, chi i cipollotti, chi il vino, il pane il formaggio...
I pesci sono puliti, il pentolone con l'olio è pronto. Da far invidia alle vecchie feste dell'unità.
Si frigge, ma si frigge tanto. C'è da rimanere stupiti della bontà di quelle carni bianche profumatissime. Anche il cavedano è buono. Si mangia e si racconta di esperienze passate da albero degli zoccoli, di bracconaggio per mangiare. C'è anche chi non sbaglia un colpo solo al tramonto tanto era abituato a sparare di notte...
A fine cena avanzano due piatti di fritto che vengono subito messi in carpione, verranno buoni per la vigilia di Natale.

mercoledì 17 marzo 2010

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