venerdì 27 aprile 2012

Passione

Arrivi sul posto con la macchina, il cane scende e inizi a camminare con lui lasciando la traccia nella rugiada. Il cane sembra che stia correndo spensierato, ti godi la mattina con l'aria frizzante. Spike gira sempre più "lungo", allarga i cerchi tornando sempre da dove è partito, alza il naso, rallenta, guida e cerca nell'aria l'effluvio che ha percepito, che gli ha portato quel filo di vento improvviso. C'è qualcosa, rallenta, inizia una danza, destra sinistra, destra sinistra...Sempre più lento...Fermo! E' adesso che l'adrenalina è a mille, chi non l'ha vissuta non la può capire. Adesso il cacciatore è fermo (perchè il cane è il cacciatore), ha individuato la preda. Si studiano, ma lui ti butta uno sguardo per vedere dove sei e per vedere se hai capito che lui è pronto. Arrivi dietro di lui, non aspetta altro che il tuo comando per partire. Vai! E il frullo inconfondibile della pernice rossa è seguito dallo sparo, dalla corsa e dal riporto di un cane meraviglioso. Pronto a ripartire per un'altra danza.

lunedì 14 novembre 2011

Piccoli grandi cani.


Al guinzaglio tirano come matti, fiutano già che qualcosa c'è in quelle ginestre al sole.
Liberati, tracciano, prima uno, poi due, tre, tutti corrono nella stesa direzione.
Si dispongono i fucili a "chiudere" il bosco è fitto la foglia non è ancora caduta.
"Fermo" il cane abbaia a fermo ha trovato i cinghiali. Poco dopo anche Gigas con il suo vocione è fermo sotto le ginestre.
Arrivano anche Zampina e Moro (detto anche Gambacorta, razza Dachsbracke).
Tutti ad abbaiare a fermo. La tensione sale, quattro cani che abbaiano a fermo in quattro zone diverse. C'è un branco!
I canai sono nervosi, le poste non sono ancora piazzate, ed è troppo tempo che i cani fanno "il fermo" c'è il rischio che qualche bestione si innervosisca e carichi ferendo qualche cane.
La tensione aumenta, i cani continuano ad abbaiare.
Io sono appena sopra, le ginestre sono circondate, ma non si riesce ad entrare. I cinghiali si sentono protetti e aspettano che sia il cane a fare la prima mossa.
I cani sanno benissimo che se dovessero provare ad entrare non avrebbero scampo.
E' adesso che pare tutto in stallo.
Tutto sospeso, non senti freddo, c'è un silenzio surreale nonostante l'abbaio costante dei cani che pare ritmato.
Alla radio i canai esortano a fare presto, i cinghiali sono nervosi e un paio di cani sono stati toccati.
Quando senti che i cani rischiano è questione di minuti, forse secondi.
"Non lo faccio ammazzare! Entro e li faccio 'partire'..." Dice un canaio.
"Spara a terra! " urla un'altro; in effetti è un fittissimo ginestraio e non si sa quanti cinghilai ci siano dentro, diventa davvero rischioso, anche se hai in mano un fucile.
Improvvisamente tutte le ginestre tremano.
"Partiti! Attenzione! Sono partiti!"
Bosco fittissimo, devi sparare solo se sei certo la palla impatti sul cinghiale o a terra. Attenzione ai cani.
Adesso inizi a sentire caldo stai in apnea e spegni la radio.
Speri che qualche cinghiale arrivi a tiro.
Solitamente la femmina capobranco porta fuori tutti in fila, ma qui ci sono quattro cani in quattro punti diversi.
Escono tutti in ordine sparso. E' pericoloso, l'adrenalina è a mille e qualcuno preso dall'eccitazione potrebbe sparare come non dovrebbe.
Ad un certo punto sotto di me sparano in due, sei fucilate e relative imprecazioni.
Poco dopo a 30 metri in mezzo al folto intravedo un bestione che passa i 150 chili,
ne vedo solo le orecchie, non mi fido a sparare, aspetto, è fermo davanti a me.
Imbraccio e punto, ho tempo, è sempre fermo.
Venti centimetri sotto le orecchie, dall'alto al basso...
Sparo!
E' ancora lì fermo.
Non ti capaciti di come sia possibile sbagliare un bersaglio così grande.
Doppio il colpo, il cinghiale parte rapidissimo, vola davanti ad altre due poste, è davvero enorme, ma pare che voli leggerissimo verso chissà dove, ma al sicuro.
Oggi, lunedì è ancora in giro. Ha vinto lui.
Ma che emozioni ancora...

lunedì 18 luglio 2011

Magari torno

è passato quasi un anno dall'ultimo post...
con calma e torno

mercoledì 1 settembre 2010

Della pen(n)a

Siamo a poco meno di 20 giorni dall'apertura della caccia...
L'addestramento dei cani è già iniziato da tempo.
Chi è fortunato ha trovato qualche pernice rossa "nata fuori" o al limite qualche quaglia ritardataria...
Chi non è stato fortunato non ha trovato niente.
Da oggi iniziano i piani di ripopolamento "pronta caccia" della Provincia.
Pronta caccia vuol dire che vengono immessi esemplari già adulti, cacciabili dal 20 di settembre.
In sostanza polli colorati destinati a un mese di vita...tra polpapronta per le volpi e pedate del cacciatore.
Certo è più facile.
A me piacerebbe però vedere ripopolamenti seri, fatti al più tardi a marzo, con riproduttori allevati in voliere grandi...e poi caccia ai nocivi ben pensata, pene severe al bracconiere...tutti gli esemplari che si salvano, tutti quelli che nascono "fuori" saranno pennuti con i baffi, daranno filo da torcere al cane inesperto e anche a quello esperto...e pazienza se nella stagione dimezzi il carniere, ti sarai divertito il doppio
Non ci provate a farlo voi il ripopolamento rischiereste salate multe da parte di chi preferisce farci cacciare in un pollaio

martedì 29 giugno 2010

Soddisfazioni


Per chi non ha vissuto da piccolo certe esperienze, non può capire.
Anzi il più delle volte, da cacciatori, veniamo additati come mostri.
Da piccolo vuol dire dai 4 ai 7 anni, sei a casa dei nonni materni per buona parte dell'estate.
Nei ricordi da piccolo, il casale è grande, ci sono anche i "fattori" e quelli che danno da mangiare alle mucche ai tori e ai cavalli del nonno, ricordi il biroccio e il lungo viale dove si galoppa
C'è un vigneto che dirada fino al bosco dove la nonna ci dice non andare. E' li che finiscono le galline che riesce a prendere la volpe...e allora immagini un luogo buio e terribile da dove escono animali notturni spaventosi e sanguinari.
Ricordi i temporali estivi di quelli che facevano danni con la grandine e c'era chi incrociava i "ferri" del camino nella corte per scongiurare la tempesta, ma dopo "l'acqua" ricordi il profumo dell'erba bagnata, delle lumache e delle "gambe secche", i funghi prataioli da mettere sott'olio.
Ma la cosa che ti si stampa dentro, che tenti di respingere, ma che poi riaffiora sempre più prepotente è la caccia.
E' la cosa più da grande che ti fanno fare e diventa parte di te.
Prima, in estate si portano i cani in giro, grandi sgambate, le ferme sulle quaglie, le braccate sulla lepre, i fischietti afoni che i cani riescono a sentire lontanissimo e tornano a prendere ordini.
Razze diverse, da penna e da pelo. Chi andava bene per la lepre e chi per i fagiano le starne e le quaglie.
Cani che pendevano dalle labbra del nonno che li trattava come figli. Un gesto, un'occhiata, un fischio e si muovevano come telecomandati.
A caccia si va al mattino presto se vuoi trovare la lepre al covo, trovare una lepre "in piedi" sono capaci tutti...
Nella tarda mattinata o al pomeriggio si cercavano i fagiani, quelli veri non quei polli colorati che troviamo oggi.
Fagiani che andavano via di "pedina" e lasciavano il cane inesperto in ferma sul niente.
I cani da ferma sono straordinari, lavorano a testa alta nell'erba e nel bosco, vanno al trotto, poi all'improvviso iniziano una danza. Sono entrati in effluvio, così dicono i cinofili.
"Sentono" il selvatico, rallentano, vanno a cercare il vento e quello che il vento gli porta.
Poi improvvisamente diventano statue, con la schiena dritta, il naso puntato e lo sguardo sulla preda.
Se il cane è valido riesce a dominare il suo istinto e ti aspetta. Aspetta fino al tuo comando. A quel punto lo fai partire e ti farà alzare la selvaggina a tiro.
Naturalmente i ricordi da bambino arrivano fino alla domenica dopo, quando le pernici, i fagiani e i germani passavano nelle mani della nonna per diventare arrosti straordinari.
Nella foto Spike (per gli amici Spicchio) a 4 mesi ha trovato la sua prima lepre.
A 5 mesi ha fermato una quaglia e io avevo il cuore in gola.
Il 20 settembre apre una nuova stagione.

mercoledì 28 aprile 2010

Festa!


La Galeina Grisa.
Adesso è una sagra paesana che ha sentore di finto...
Negli anni passati era una delle feste più sentite di tutta la valle.
La sera del 30 aprile, la sera prima della festa del lavoro.
A gruppi si girava nelle campagne, fermandosi nelle cascine intonando la tradizionale “maggiolata” propiziatoria.
Si andava avanti tutta notte fino alla mattina.
Dalle cascine rispondevano offrendo da bere e da mangiare e naturalmente un cestino di uova...
La mattina si rientrava in paese, chi aveva più uova vinceva.
Le uova poi, servivano per una grande frittata popolare.

mercoledì 7 aprile 2010

Il Re del bosco


Come sempre il ritrovo è per le sei meno qualcosa del mattino.
Le ultime cacciate di dicembre sono sempre in dubbio.
Il 20 dicembre il termometro segna -18° al bar della piazza, nella notte ha nevicato, ma si può andare fino a 20 centimetri.
La squadra di cinghialai è composta per lo più da persone anziane, gente del '40 per intenderci.
Non tutti hanno voglia di stare ore in attesa "alla posta".
Aspettando gli ultimi indecisi, si taglia un salame e si beve qualcosa di caldo.
Il problema principale sono i cani. 18° sotto zero è davvero tanto. Se gela la condensa nei polmoni ci rimangono secchi.
Si decide di uscire perchè è l'ultima della stagione, ma nessuno ci crede davvero.
Una controllata all'equipaggiamento, nello zaino il thermos di caffè bollente e i vestiti pesanti.
I caricatori della carabina sono a posto e la carabina è ben oliata.
Il capocaccia dispone le poste cercando posti al sole più che posti strategici di passaggio.
Io e un canaio andiamo alla cerca nella neve, non ho voglia di stare in un bosco a congelare.
Nella neve ci sono le tracce di un solengo con un paio di scudieri.
I cinghiali sono popolazione matriarcale e i maschi riproduttori non stanno nel branco. Vengono accettati solo nel periodo del calore. C'è la femmina dominante, che generalmente è la più anziana e guida il branco di giovani maschi e femmine.
Un cacciatore che si rispetti non sparerà mai alla femmina dominante, la lascerà passare, sempre.
Stimiamo oltre i cento kili il bestione che dirige verso il bosco. Meglio caricare il fucile, se dovesse decidere di scendere di corsa diventerebbe pericoloso.
Con la radio si avvisano alcuni amici di spostarsi verso il bosco del castello. Devono essere li.
Entrano i cani, ma stranamente non braccano, è troppo freddo.
C'è davvero un silenzio surreale. Tutto ovattato.
Giro verso sud a favore del sole. Credo facciano così anche i cinghiali, puntano al versante più caldo.
Due minuti dopo raggiunta la postazione esce un treno a tutta velocità dal bosco, salta la strada e sparisce di nuovo nel fitto su per la montagna.
E sempre impressionante vedere la potenza e l'agilità di questi animali.
L'adrenalina è a mille, chiamo i cani e risaliamo la collina. La traccia è fresca, i cani sentono bene, inizia la braccata.
Due segugi istriani corrono più degli altri, sentiamo tre, quattro fucilate in rapida successione dall'altra parte del bosco, ma dalle radio non arriva nessuna conferma.
Non sono convinto, torno al versante esposto al sole e trovo le lestre (i giacigli).
Prendiamo un segugio a pelo lungo e lo mettiamo sulle tracce.
Dopo poco partono cinque caprioli. Si fermano i cani e non si spara, è ancora vietato.
Là sotto però si muove qualcosa. C'è un branco! Stanno risalendo spinti da altri cani. Bisogna restare immobili.
Arriva un bestione a tiro, sono cinquanta metri nel bosco. Fila al galoppo...mica facile.
Fischio piano e si ferma per capire da dove arriva. E' tardi. Un colpo solo, senza sofferenza.
Richiamiamo tutte le poste e recuperiamo 6 cinghiali di un branco composto da oltre 30. Non è necessario fare una carneficina.
Il cinghiale abbattuto risulterà il più grande. 120 kili e tirarlo su dal bosco è stato davvero impegnativo.
Anche se c'è freddo vanno subito eviscerati, mi spetta il fegato.
Breve sosta nell'osteria con la stufa a legna in mezzo alla stanza a brindare all'ultima giornata di caccia.
La sera il fegato verrà spadellato con le cipolle e accompagnato ad una polenta fumante e a un buon gutturnio.
Appese nella cella frigo ci sono le dodici mezzene che verranno spolpate tra una ventina di giorni.
Si è chiusa la stagione con 44 capi.
Nella ghiacciaia la carne per l'inverno sta per finire. Quasi tutta cucinata con la polenta o le tagliatelle. Le costine intere vanno bene anche nel camino sulla brace, ma ne parleremo dopo.

martedì 30 marzo 2010

Del maiale non si butta niente


A dicembre si macella il maiale.
Qualcuno ha ancora la possibilità di farlo in privato ed escono salumi straordinari.
Ognuno ha il "massalino" di fiducia.
E' il norcino che per tradizione familiare ha trovato la migliore ricetta di spezie, di sale, di vino da aggiungere alla più gradita macinatura di carne per insaccare i salami di casa.
E' quello che si è conquistato la fiducia del capo famiglia e di tutto il vicinato su una coppa o una pancetta.
Diventa ambito, si sparge la voce e tutti lo vogliono. Proprio come si diceva del barbiere di Siviglia.
L'allevamento dei maiali "di casa" è cosa seria, con tanto di menu per rifinire le carni e preparare i budelli.
Essere invitati alla macellazione diventa motivo di vanto e di invidie tra gli avventori dell'osteria del paese.
Si gustano le migliori prelibatezze, la donna di casa prepara manicaretti sublimi in onore del massalino che l'anno successivo sarà ancora più invogliato a tornare in quella cascina, ma soprattutto ne parlerà il giorno di mercato con quanta più gente possibile.
Eccoci allora invitati da Bruno ex guardiacaccia e fratello della Giuseppina, alla macellazione del secondo maiale di casa.
Occasione rara per far vedere ai bambini quale sacrificio comporta una dolce pancetta e una profumatissima coppa.
Risparmiamo il momento più cruento e drammatico, ma da quello in poi tutto dev'essere ricordato come una festa.
In una mattinata si preparano i ciccioli nel paiolo sul focone, si tagliano le pancette e la coppa, che andranno legate la mattina seguente, il lardo e la testa.
Nel paiolo, se si è molto fortunati, si può far friggere un'anatra...così come contentino di metà mattina.
La carne per i salami si macina il giorno dopo.
Vanno lavati i budelli che serviranno a insaccare i salami, la coppa, i cotechini e i salami da cotta.
Due piedini vanno per i bolliti misti e gli altri due per lo zampone.
Niente prosciutti, tutta la carne nei salami.
E' ora di pranzo, mezzogiorno spaccato.
La Giuseppina ha già portato in cucina tutte le frattaglie e il sangue.
Il menù prevede sanguinacci con le cipolle, un paio di salamini freschi del maiale precedente, una sorprendente frittura di maiale con la polenta, un piatto di anolini in brodo a chiudere.
La frittura di maiale è un piatto straordinario.
E' consigliabile solo dopo aver bruciato una certa quantità di calorie e nei mesi più freddi.
Si fanno passare molte cipolle, appassite lentamente fino a diventare trasparenti, si sfuma con poco vino bianco, si aggiunge la retina di maiale, i polmoni, il cuore , il fegato e il filetto insieme ad un cucchiaio di concentrato di pomodoro. Sale, pepe.
Si lascia cuocere a fuoco lento una mezz'ora o poco più. Mettete a tavola una buona polenta e un gutturnio spumoso profumato, acidulo che tagli i grassi del maiale.
Sarete in pace col mondo se troverete un divano davanti al camino.
Della testa di maiale ne parleremo la prossima volta. A casa di Glielmo.
Nella foto di Davide Dutto, la Giuseppina.

giovedì 25 marzo 2010

Glielmo


Glielmo è un gigante. Uomo di montagna.
Camicia di flanella, bretelle, fisico da boscaiolo e una risata trascinante.
Ha un'età vaga tra i sessanta e i settanta, più verso i settanta. Vive da solo in una casa in sasso riscaldata da stufe a legna.
Vive sullo spartiacque di due valli appena sotto al passo.
E' il miglior cuoco di selvaggina che abbia mai provato.
Finita la stagione della caccia ci si organizza con le scorte.
Chi porta le lepri, chi il cinghiale e chi il capriolo. Niente penna.
La polenta è di mais coltivato qui sotto e macinato al mulino del paese.
Le cene in compagnia iniziano intorno alla fine di Gennaio, è inverno pieno, e su al passo la neve non scherza, il vento taglia la faccia.
Per arrivare ci vogliono venti minuti, tutti con la jeep altrimenti non arrivi, o se arrivi non torni.
In mezzo alla bufera scendi una stradina che porta verso la casa, nel buio si intravede una finestrella illuminata. Siamo arrivati.
In una stanza bassa c'è un tavolone che va bene per una quindicina di persone, la stufa a legna e un armadio a vetri che ospita una gran varietà di grappe, cognac e frutta sotto spirito.
Il profumo è inebriante, la cottura va avanti dalla mattina rigorosamente sulla stufa, la polenta cuoce da oltre due ore nel paiolo di rame.
Chiedere una ricetta è impossibile. Sono cinquant'anni che si ripetono le stesse azioni.
Una cosa è fondamentale, niente carote. Rendono tutto dolciastro.
Quindi, aglio, alloro e pancetta o lardo per il soffritto, abbondante che la carne è asciutta.
Poi la carne, il vino rosso e un po' di concentrato ammorbidito nel brodo di carne.
Sale pepe e "lasa cla vaga..."ci dice Glielmo scoppiando a ridere.
Mi raccomando, sulla cucina a legna, lentamente per ore...
Niente antipasti, niente primi. Una volta la lepre, una volta il cinghiale e l'altra il capriolo.
Mezza forma di gorgonzola maturo e cremoso va bene.
Qualcuno porta il formaggio con i saltarelli, come nelle vecchie osterie del secolo scorso.
Il vino è rosso, forte, corposo , appena mosso da bere nella scodella.
Le storie sono sempre quelle, di cani, di caccia, di un passato che per molti risale a quando dovevo ancora nascere.
Sono serate che scaldano, sono atmosfere che si stanno perdendo a favore di un progresso sterile e triste fatto di veline, diete, e natura finta.

venerdì 19 marzo 2010

Un giovedì qualsiasi di novembre

La telefonata arriva improvvisa verso le sei, "Dove sei? Puoi farmi un favore? Ho un problema, vieni dal carroziere alle 7 che poi ti spiego, grazie"
E' un amico, andiamo a caccia insieme e ha qualche anno più di me...non potevo dire di no.
Arrivo all'appuntamento e non trovo nessuno, passano pochi minuti e vedo arrivare dal fiume l'inconfondibile jeep.
C'è Ste, il carroziere e un amico. Arrivano sorridenti come bambini, insieme fanno quasi 200 anni.
Sono andati a pescare come facevano da bambini, con la rete. C'era un "bucone" giù al fiume pieno di pescetti di ogni tipo, la corrente aveva cambiato il corso d'acqua. Sono andati con una rete e li hanno portati a casa. Si, è vietato, ma certe abitudini a quell'età non le abbandoni, lo facevano 50 anni fa per fame, lo fanno oggi per ritrovare quei sapori dimenticati che nessuno si sogna più di provare.
Il pesce ha 24 gusti, mi dice Ste, uno per ogni ora che passa. Facciamo presto.
Nell'officina vengono allestiti due tavoloni con panche e sedie, si srotola una tovaglia di carta, si apparecchia con i piatti di carta, ma i bicchieri di vetro. Il vino va rispettato.
In mezz'ora arrivano gli ospiti, chi porta il pane, chi i pomodori dell'orto, chi i cipollotti, chi il vino, il pane il formaggio...
I pesci sono puliti, il pentolone con l'olio è pronto. Da far invidia alle vecchie feste dell'unità.
Si frigge, ma si frigge tanto. C'è da rimanere stupiti della bontà di quelle carni bianche profumatissime. Anche il cavedano è buono. Si mangia e si racconta di esperienze passate da albero degli zoccoli, di bracconaggio per mangiare. C'è anche chi non sbaglia un colpo solo al tramonto tanto era abituato a sparare di notte...
A fine cena avanzano due piatti di fritto che vengono subito messi in carpione, verranno buoni per la vigilia di Natale.

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