giovedì 25 marzo 2010

Glielmo


Glielmo è un gigante. Uomo di montagna.
Camicia di flanella, bretelle, fisico da boscaiolo e una risata trascinante.
Ha un'età vaga tra i sessanta e i settanta, più verso i settanta. Vive da solo in una casa in sasso riscaldata da stufe a legna.
Vive sullo spartiacque di due valli appena sotto al passo.
E' il miglior cuoco di selvaggina che abbia mai provato.
Finita la stagione della caccia ci si organizza con le scorte.
Chi porta le lepri, chi il cinghiale e chi il capriolo. Niente penna.
La polenta è di mais coltivato qui sotto e macinato al mulino del paese.
Le cene in compagnia iniziano intorno alla fine di Gennaio, è inverno pieno, e su al passo la neve non scherza, il vento taglia la faccia.
Per arrivare ci vogliono venti minuti, tutti con la jeep altrimenti non arrivi, o se arrivi non torni.
In mezzo alla bufera scendi una stradina che porta verso la casa, nel buio si intravede una finestrella illuminata. Siamo arrivati.
In una stanza bassa c'è un tavolone che va bene per una quindicina di persone, la stufa a legna e un armadio a vetri che ospita una gran varietà di grappe, cognac e frutta sotto spirito.
Il profumo è inebriante, la cottura va avanti dalla mattina rigorosamente sulla stufa, la polenta cuoce da oltre due ore nel paiolo di rame.
Chiedere una ricetta è impossibile. Sono cinquant'anni che si ripetono le stesse azioni.
Una cosa è fondamentale, niente carote. Rendono tutto dolciastro.
Quindi, aglio, alloro e pancetta o lardo per il soffritto, abbondante che la carne è asciutta.
Poi la carne, il vino rosso e un po' di concentrato ammorbidito nel brodo di carne.
Sale pepe e "lasa cla vaga..."ci dice Glielmo scoppiando a ridere.
Mi raccomando, sulla cucina a legna, lentamente per ore...
Niente antipasti, niente primi. Una volta la lepre, una volta il cinghiale e l'altra il capriolo.
Mezza forma di gorgonzola maturo e cremoso va bene.
Qualcuno porta il formaggio con i saltarelli, come nelle vecchie osterie del secolo scorso.
Il vino è rosso, forte, corposo , appena mosso da bere nella scodella.
Le storie sono sempre quelle, di cani, di caccia, di un passato che per molti risale a quando dovevo ancora nascere.
Sono serate che scaldano, sono atmosfere che si stanno perdendo a favore di un progresso sterile e triste fatto di veline, diete, e natura finta.

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